Il futuro prossimo dei contenuti: le performance prima di tutto
Creare una migliore esperienza per il cliente: su questo obiettivo complessivo dovrebbero essere focalizzati tutti i contenuti dei brand. E combinando SEO e content marketing, engagement, hyperlocal, ricerca vocale e machine learning, il risultato può essere raggiunto con maggiore facilità e velocità, oggi e ancor di più nei prossimi anni.
Adattandosi al modo in cui le persone ricercano e ‘consumano’ i contenuti, è più agevole anticipare le tendenze e fornire i contenuti di cui il pubblico ha bisogno, nel modo in cui ne ha bisogno, e arrivare prima della concorrenza.
Il content marketing da solo non basta più. I brand hanno bisogno di rientrare degli investimenti in tempi più rapidi. A confermarlo è un sondaggio tra 252 responsabili marketing di aziende presenti nella lista Fortune 500 (classifica delle maggiori società statunitensi), condotto da BrightEdge.
Ecco alcuni risultati chiave:
– il 71% dei marketer afferma che meno del 50% dei contenuti da loro proposti viene effettivamente ‘consumato’;
– meno del 9% degli interpellati segnala che tre quarti o più dei contenuti crea effettivamente engagement;
– Il tasso di fruizione di contenuti B2C è leggermente migliore rispetto a quello relativo al B2B.
Sono dati che confermano che la produzione di contenuti non può più prescindere dalle performance, ovvero da risultati concreti e misurabili per i brand.
La SEO è viva e lotta insieme a noi…
Ciclicamente esperti o presunti tali provano ad anticipare il funerale della SEO, ma rimane tuttora fondamentale la convergenza tra contenuti di qualità e migliori pratiche SEO. Per fare in modo che i propri contenuti siano reperibili grazie alla ricerca organica, che rappresenta ancora il 51% del traffico web, è necessario non trascurare l’ottimizzazione dei testi (e non solo…) per i motori di ricerca.
Le conversioni e il coinvolgimento degli utenti sono infatti conseguenza anche del traffico generato. Insieme questi tre dati rappresentano le metriche più importanti per tenere traccia delle prestazioni dei contenuti, secondo i marketer intervistati da BrightEdge.
Tre consigli per contenuti a prova di motore di ricerca:
- investi sulla SEO prima (non dopo) il lancio dei contenuti: una migliore integrazione sin dall’inizio porta a risultati migliori;
- prendi in considerazione la creazione di micro-contenuti: brevi e personalizzati per ricerche e domande specifiche dei consumatori, piuttosto che contenuti lunghi e costosi (come ad esempio webinar, report e case studies);
- lasciati guidare dai risultati: abbandona subito i contenuti che non funzionano.
Capire quali contenuti funzionano
I contenuti non interessanti – in termini di traffico, engagement e quindi conversioni – non si posizionano bene nei risultati di ricerca.
Per Google, metriche come coinvolgimento, numero di click, tempo trascorso sul contenuto e percentuali di rimbalzo sono molto indicative e influiscono positivamente o negativamente sul posizionamento nelle ricerche organiche (anche se indirettamente). Su Facebook, il discorso è simile. I contenuti che vantano maggiori interazioni (condivisioni, commenti e reazioni) ottengono maggiore visibilità.
Tre consigli per migliorare i contenuti:
- crea contenuti su argomenti e tendenze rilevanti per la tua platea di riferimento, ottimizzali sia per i motori di ricerca che per i diversi dispositivi (es. mobile);
- cura i titoli: scrivili in modo che siano accattivanti, senza trascurare la SEO;
- fai in modo che il contenuto non tradisca il tuo titolo: non basta ‘acchiappare’ il click, è necessario che quel che proponi risponda davvero a una domanda, un’esigenza o un problema. Bisogna che sia utile, insomma.
Mobile e local: il futuro è QUI
Rivoluzione iperlocale: così la chiamano. In effetti, il 51% dei marketer afferma che ottimizzare i contenuti per il locale è una priorità assoluta o comunque è molto importante. C’è un dato su tutti che dà il senso del cambiamento in atto: quasi un terzo di tutte le ricerche su dispositivi mobili sono correlate alla posizione, secondo ThinkwithGoogle. Ciò ovviamente non può non avere conseguenze sui contenuti, che devono in qualche modo adeguarsi, anche geograficamente.
Due consigli per non rimanere spiazzati:
- ottimizza per posizione, dispositivo e velocità di caricamento. I consumatori si aspettano contenuti geolocalizzati, responsive e fruibili rapidamente.
- soddisfa la domanda, prediligendo argomenti caldi e proponendoli nel formato adeguato (come, ad esempio, video o immagini).
La ricerca vocale prende piede
Le ricerche vocali rappresentano almeno il 20% di tutte le ricerche da mobile su Google e il 31% degli intervistati ritiene che la ricerca vocale sia ‘the next big thing’, ma circa il 62% di loro afferma di non avere strategie pronte in tal senso. E considerando che entro il 2020 – secondo ComScore – il 50% dei consumatori interagirà con la tecnologia a comando vocale, questa inerzia potrebbe rivelarsi un problema serio per le aziende a medio termine.
Due consigli per adattarsi a questo trend:
- allinea il più possibile i tuoi contenuti agli interessi e alle intenzioni dei clienti/utenti. Ad esempio, la maggior parte delle query di ricerca vocale sono di natura colloquiale, pertanto è importante comprendere il perché (intento) di una query di ricerca per adattare il contenuto alle risposte vocali.
- Rendi il tuo marchio visibile creando contenuti che rispondano alle domande su parole chiave di settore e trattino di argomenti importanti per la tua attività. Fornire risposte rapide, pertinenti e veloci è essenziale per il successo della ricerca vocale.
Intelligenza artificiale e apprendimento automatico
Gli agenti intelligenti (chatbot e assistenti personali) stanno cambiando la ricerca sul web per come la conosciamo. Google era una società mobile-first. Ora sta concentrando i suoi sforzi, senza esitazioni, sull’intelligenza artificiale. Ma Google non è l’unico gigante tecnologico che scommette sull’AI, lo stesso fanno Facebook, Microsoft, Amazon, Apple e altri.
Perché AI-first? Si tratta di comprendere i consumatori – i loro intenti, interessi e interazioni – e fornir loro la migliore esperienza e risposta possibile lungo il loro processo decisionale d’acquisto.
Gli utenti hanno così tanti dati disponibili che rischiano di sentirsi disorientati. C’è bisogno di una guida: se sfruttati in modo appropriato, l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico possono aiutare i brand a trasformare i dati in informazioni e contenuti più facilmente fruibili. L’acquisto diventerà così solo una naturale conseguenza di un rapporto di fiducia costruito su basi solide.
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